Alezio è oggi un paese del basso Salento che sorge su un rilievo a mo' di acropoli e troneggia sulla circostante vastità della campagna. L'attuale nucleo urbano conta poche miglia di abitanti e una storia relativamente recente. Fu infatti reso Comune autonomo nel 1854 con il nome di Villa Picciotti per decreto di re Ferdinando II. Il toponimo fu mutato in quello di Alezio nel 1873 con decreto di Vittorio Emanuele II. Il paese, tuttavia , ha una storia molto più antica che ci fa tornare indietro di almeno due millenni e che si è andata delineando con sempre maggiore completezza solo negli ultimi anni in seguito a fortunati ritrovamenti prima e a scientifici scavi sistematici poi. Il sito è stato interessato, come tutta la zona intorno, da insediamenti preistorici documentati da suppellettile ad impasto e selci, ma l'importanza maggiore gli è data da imponenti testimonianze archeologiche che documentano un centro di origine messapica di proporzioni e importanza impensabili fino a non molto tempo fa. Per quanto riguarda la storia, intesa come insieme cronologico di avvenimenti politici e sociali, dell'antica città messapica non si sa quasi niente, tanto sono avare di notizie le fonti storiografiche classiche. Non molto, del resto, si conosce sulla storia del popolo messapico che colonizzò e popolò la penisola salentina prima della conquista romana. In linea di massima si ritiene che già nell' VIII secolo a.C. la Messapia godeva di una propria unità etnica e culturale, che si sviluppò nei secoli immediatamente successivi. Grazie alla particolare favorevole posizione geografica della penisola salentina, ci furono attivi contatti commerciali con le popolazioni allora più progredite d'oltre mare (Micenei, Rodii, Corinzi, Ateniesi) che certamente contribuirono a sviluppare un influsso greco nella regione. Dando fede alle esigue, ma autorevoli fonti, si è anche ipotizzata un'unità politica del popolo messapico. Si conosce anche il nome di uno dei suoi capi, il mitico Artas, ricordato dai diversi autori come Dynastes, Basileus o Turannos, quasi fosse stato quindi, attorno al 400 a. C., un re assoluto dei Messapi e non di una sola città o tribù, come si è anche tentato di commentare. Sull'origine dei Messapi le opinioni non concordano perfettamente. In genere si ritiene un popolo sorto dalla fusione delle popolazioni indigene con le successive migrazioni dall'altra sponda dell'Adriatico tra XI e il IX secolo a.C.. I Messapi, costituito un saldo regno dal punto di vista politico, militare ed economico, seppero in seguito tener testa anche alla vicina Taranto quando questa nel V secolo pensò bene di estendere la propria egemonia a danno del territorio messapico per assicurarsi il controllo delle vie commerciali. Infine tutta la zona cadde sotto la dominazione romana nel 266 a. C.. Non si conosce l'antico nome messapico di Alezio, anche se si è ipotizzato che possa essere Alixias, come compare tra l'altro sull'attuale stemma civico. Sembra accertato invece che la città avesse in epoca romana il nome di Aletium, come ci viene attestato da Plinio, Strabone, Tolomeo e dalla Tavola peutingeriana. Il buio delle fonti storiografiche su Alezio è sistematico e continuativo: così, non si conoscono le vicende che in epoca medioevale dovettero causarne la decadenza. Se da un lato si può giustificare la fondazione di Alezio con tutta una serie di elementi legati al commercio ed alla strategia militare, dall'altro si può ipotizzare che quando questo tipo di necessità viene a cambiare, il centro urbano, perduta l'originaria preminenza, va inevitabilmente incontro ad un progressivo e sistematico spopolamento.
Si ritiene quindi che dopo i secoli XII e XIII (epoca alla quale si sono fatti risalire alcuni rinvenimenti medioevali) Alezio subì una fase di decadimento e di abbandono che si protrasse per vari secoli; la ripresa e il ripopolamento si ebbero solo in epoca moderna (nel 1742 il paese contava solo duecento abitanti).
L'oblio disceso sull'antica città fu totale, e le tenebre cominciarono a rischiararsi solo nel 1841, quando N. M. Cataldi pubblicò il libro "Aletio illustrata" con l'interessante teoria che identificava l'allora piccolo borgo Picciotti con la messapica Alixias e con la romana Aletium. Per la verità questa teoria ebbe qualche oppositore dal momento che comunemente si voleva identificare l'antica Aletium con Lecce (tanto che i vescovi leccesi si erano anche denominati "episcopi aletini"). Nel sito dell'antica città rimase forse, a quanto si può capire, qualche casolare e successivamente fu edificata la chiesa di Santa Maria della Alizza (una denominazione che potrebbe anche far immaginare qualche correlazione). Quel che è certo, comunque, è che fino al secolo scorso il piccolo borgo che poi divenne Comune era chiamato Villa Picciotti. Ma cos'era successo per far dimenticare che in quel borgo era sorta una delle più importanti e antiche città del Salento e far perdere la memoria stessa del suo nome? Se nel luogo ci fosse stata una continua frequentazione abitativa, di generazione in generazione si sarebbero tramandati sia il nome che la storia, magari anche fantastica, dell'antica Alezio. Invece ciò non avvenne. E' inutile quindi che ad un certo punto della sua storia la città non ha avuto più abitanti; dovette essere completamente abbandonata o forse addirittura distrutta. Ma quando, e da chi? E perché di questa distruzione, se c'è stata, non si è saputo mai niente? Sono domande alle quali non è facile rispondere, e non avendo neppure il conforto delle solite, eloquenti testimonianze archeologiche, si deve necessariamente andare ad intuito. Le testimonianze archeologiche sono invece copiose per il periodo messapico e si è verificato qualche ritrovamento d'epoca romana. La tradizione popolare riferisce che da sempre durante i lavori agricoli o edilizi si sono fatti interessanti rinvenimenti di tombe dalle quali veniva asportato il corredo funerario. Verso la metà del XVIII secolo fu ritrovato addirittura un tesoretto di monete d'oro e d'argento che successivamente furono fuse per ricavarne un pastorale vescovile. Il dato scientifico più attendibile, e insieme il più spettacolare, è stato il rinvenimento di un'intera necropoli messapica che ha finora restituito trentacinque tombe databili tra il VI e il II secolo a. C.. La datazione viene fatta sia sul corredo funerario che sulle caratteristiche paleografiche dell'iscrizione o, a volte, sui dati osteologici. Molto notevole è la loro varia tipologia. Sono presenti tombe monolitiche, in genere di dimensioni piuttosto limitate senza iscrizione all'interno; tombe a lastre monumentali, che vanno ben oltre le dimensioni che poteva avere un corpo inumato; tombe terragne; infine le tombe anchitrismos, deposizione di bambini in tenera età, i quali, prima di essere inumati in un'urna o in terra, venivano messi in un piccolo contenitore in ceramica. Le tombe venivano ampiamente riutilizzate in tempi successivi e le ossa del precedente defunto venivano semplicemente raccolte da un lato; interessante il ritrovamento in una tomba di una doppia inumazione probabilmente simultanea. Dopo gli ultimi ritrovamenti Alezio ha fornito agli studiosi la più ricca documentazione epigrafica di tutto il territorio messapico; si tratta però solo di iscrizioni funerarie, ma non valide per conoscere a fondo, come si desidererebbe, quella antica civiltà che continua a conservare gelosamente molti dei suoi segreti. Interessanti, soprattutto per documentare la continuità della frequentazione del sito in epoca romana, sono vari ritrovamenti d'età imperiale, tra cui strutture di abitazioni (muri di fondazione in blocchi di carparo) con vario materiale ceramico di uso domestico del II -III secolo d.C.. Più recentemente è venuto alla luce durante dei lavori stradali una sovrapposizione pavimentale d'età ellenistico-romana. Alezio, quindi, si è rivelato un centro archeologico eccezionalmente interessante e solo in parte esplorato. Per di più, una conoscenza completa dell'area archeologica interessata dall'antica città difficilmente si potrà avere dal momento che essa è interamente occupata dal moderno centro urbano. Solo saltuarimente vengono alla luce tombe isolate o strutture murarie antiche, che rappresentano però solo poche tessere di un mosaico che si rivela sempre più complesso e affascinante. Un po' tutti, nella zona, hanno compreso finalmente l'importanza di questi ritrovamenti, specie dopo lo scavo della necropoli e l'apertura di un museo civico messapico che accoglie alcuni fra i reperti più significativi. Tuttavia bisogna ancora far prendere esatta coscienza a quanti ancora oggi clandestinamente distruggono o occultano tutto ciò che occasionalmente può essere rinvenuto durante i soliti lavori agricoli o edilizi nel timore che la regolare denuncia comporti un qualche danno ai loro interessi privati. La questione è abbastanza controversa e certo occorrerebbe un maggiore sforzo di buona volontà, collaborazione e impegno da parte di tutte le parti in causa.
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